PERCHÉ IMPARARE IL CODING SE NON VOGLIO DIVENTARE UN PROGRAMMATORE INFORMATICO?

Perché, come è già successo per l’inglese, il coding sta diventando una competenza di base, un linguaggio universale.

Cosi come l’inglese è il linguaggio che viene usato per comunicare con tutte le persone del mondo, il coding è il linguaggio che viene usato per comunicare con tutte le nuove tecnologie del mondo.

Siamo sempre più immersi in tecnologie sempre più sofisticate. Internet, smartphone, tablet, videogiochi, app, droni, robot: queste tecnologie hanno iniziato a rivoluzionare le nostre vite e questo fatto non può essere ignorato.

Tecnologie molto sofisticate: talvolta facili da usare… ma dal funzionamento difficile da spiegare!
Ebbene, funzionano tutte grazie al coding: ogni tecnologia informatica, elettronica, robotica, va progettata e programmata.

Cosa si intende per coding? Il coding è inteso come pensiero computazionale, ovvero sapere a grosse linee come “ragiona” un computer e che tipo di istruzioni è in grado di comprendere ed eseguire. Coding non vuol dire saper programmare con un linguaggio di programmazione specifico, vuol dire conoscere le fondamenta su cui si basano tutti i linguaggi di programmazione di alto livello (quelli più vicini alla lingua parlata).

Ma attenzione, il coding non è la forza misteriosa che anima le tecnologie; il coding è lo strumento con cui l’uomo esprime il proprio genio e la propria creatività usando la tecnologia.

Subire passivamente il progresso tecnologico porta a non comprenderlo e a demonizzarlo (soprattutto da parte degli adulti). È normale essere diffidenti e avere un po’ di timore di fronte a qualcosa di cui non si conosce l’esatto funzionamento ma vi posso assicurare che anche il codice informatico più complesso, per quanto possa sembrare arcano, non è magia nera.

Il coding didattico favorisce l’alfabetizzazione informatica. Facendo coding non si imapra ad utilizzare meccanicamente un’applicazione ma si impara ad usare il cervello per chiedersi come faccia a funzionare quella determinata applicazione, per poi magari farne una migliore o contribuire a migliorarla.

Fare coding permette di passare da fruitore passivo della tecnologia a utente attivo e consapevole.

Non importa se poi nella propria vita professionale non si scriverà nemmeno una riga di codice: la tecnologia sarà sempre più presente nelle aziende (siti web, app, database, simulatori, intelligenze artificiali, videogiochi educativi, robot…)
Saper dare una mano, anche solo a livello concettuale (ma concreto), avendo ben chiaro quello che si sta dicendo, può davvero fare la differenza tra l’essere un membro essenziale del proprio team e l’essere una palla al piede. Immaginate di dover lavorare con dei colleghi americani e non saper parlare l’inglese… un po’ imbarazzante, vero? E non aver frequentato il liceo linguistico o non essere laureato in lingue e letterature straniere non è una buona scusa.

Se poi si ha una mentalità imprenditoriale, allora il coding è ancora più importante: al giorno d’oggi è difficile aprire una nuova impresa senza avere un minimo di competenze digitali. Non parlo solo di imprese che basano il loro business sul digitale o sul e-commerce, ormai il coding è dappertutto, anche in ambito agricolo per esempio.

Sapere di quale tecnologia si ha bisogno e saper cercare le figure professionali giuste (eh si, non esiste il generico “guru del computer”) è una competenza fondamentale. Non basta sapere che hai bisogno di un artigiano, devi sapere se ti serve il lavoro di un idraulico o di un falegname; lo stesso vale al giorno d’oggi se ti serve una figura professionale legata alle tecnologie informatiche. Imparare il coding aiuta a capire cosa può fare un “tipo” di programmatore e cosa invece può fare un’altro.

Certo, se non si conosce il coding si può comunque lavorare nei settori innovativi: il coding non è l’unica competenza digitale (anzi, stanno nascendo sempre più figure professionali digitali non tecniche); tuttavia non conoscerlo è un GAP non indifferente, perché rende difficile la comunicazione e la collaborazione con i programmatori. Alla fine anche chi non ha mai studiato coding spesso per necessità finisce per imparare i rudimenti del pensiero computazionale sul campo. Questo non vuol dire che un UX designer (ad esempio) si metterà ad imparare un linguaggio di programmazione per poter lavorare ma per forza di cose dovrà comprendere a grosse linee il funzionamento di un progetto a cui sta lavorando, perché il suo lavoro andrà ad influire, anche se indirettamente, sul codice. Non deve leggere e comprendere ogni singola riga di codice ma non può nemmeno limitarsi a considerarlo una formula magica.

Perché si insegna il coding ai bambini?

Anche se il bambino di oggi non diventerà un programmatore, né un ingegnere, né uno scienziato, né verrà mai minimamente coinvolto nello sviluppo di nuova tecnologia (cosa molto improbabile), fare coding è un’ottima esperienza formativa ed educativa in vari ambiti:

  • Problem solving: sviluppa una mentalità algoritmica con cui è più facile analizzare e risolvere problemi, sia che si tratti di problemi matematici che di piccoli problemi quotidiani.
  • Creatività: i bambini hanno un’energia creativa che spesso non riescono a canalizzare in modo corretto, il coding permette di realizzare i loro sogni e può diventare un ottimo hobby.
  • Gratificazione personale e autostima: realizzare qualcosa di funzionante, magari anche divertente, e farla provare agli altri è un’emozione difficilmente descrivibile che tutti dovrebbero sperimentare.
  • Migliora l’interesse verso la matematica: ho iniziato a creare videogiochi quando avevo 13 anni. Non scherzo se dico che metà della matematica che ho imparato negli anni l’ho appresa per applicarla ai miei progetti.
  • Collaborazione: Il coding è un’attività molto adatta ai lavori di gruppo; perché è facile condividere, assemblare e modificare il lavoro degli altri. È un’attività che crea un’ambiente favorevole alle relazioni e che permette di affinare il lavoro di gruppo.